giovedì 19 luglio 2007

Fire

Théodore de Banville sosteneva che il mondo dei clowns si trovasse a un’altezza vertiginosa, al di sopra del regno corrotto del denaro e della volgare comunità. Infatti scriveva nelle sue Odes funambulesques (1857):

“ Tribuno, profeta o pagliaccio,
Sempre sfugge con sdegno
Le vie che la folla frequenta;

Lui cammina sulle fiere sommità
O sulla corda ignobile: però
Ben aldisopra dei volti della folla.”


“…..alfine, dal suo abietto palcoscenico,
Il clown saltò su in alto. Così in alto….

Sfondò perfino il soffitto di tela
Al rullar del tamburo, al suon del corno
E – il cuore divorato dall’amore –
Andò a fare capriole tra le stelle.”
Per Banville, l’agilità del clown acrobata era l’allegoria dell’attività poetica fondata sull’abilità tecnica, per cui l’iperbolica salita verso l’alto trasformava la poesia in una sfolgorante vittoria.